Avere una disabilità, qualsiasi essa sia, molto spesso vuol dire ingegnarsi. Ingegnarsi anche nel trovare la strada giusta per il raggiungimento di uno scopo apparentemente fuori dalla nostra portata, a causa della disabilità stessa (ne abbiamo parlato nell’articolo dedicato a Renè Ciampa).
Anche Michel Petrucciani è certamente uno degli esempi più lampanti di ingegno con il fine di raggiungere i propri obiettivi.
Affetto da osteogenesi imperfetta, patologia più poeticamente chiamata “sindrome delle ossa di cristallo”, cominciò a suonare il pianoforte molto presto: la sua carriera professionale iniziò già all’età di 15 anni, quando suonò insieme a Kenny Clarke.
Fondamentale per l’avvio dei suoi studi e della sua carriera da musicista fu l’appoggio della famiglia, in particolar modo del padre, che costruì per lui un parallelogramma articolato, da applicare allo strumento: una struttura che gli consentiva, premendo un pedale posto alla sua altezza, di attivare il pedale corrispondente attraverso un pistone.
Un uomo che non si risparmiava, in nessun ambito della propria vita: 1998 ha fatto 220 concerti in giro per il mondo.
Anche al di fuori della sfera artistica, visse la sua vita al meglio delle sue possibilità: ebbe 5 importanti relazioni (le donne che aveva le chiamava mogli, anche non avendole mai sposate). Con la canadese Marie-Laure Roperch ebbe due figli, uno dei quali ereditò la sua stessa patologia.
In seguito a gravi complicanze polmonari, morì il 6 gennaio 1999, dopo un capodanno festeggiato per strada, al freddo di New York.
Verrà sepolto al cimitero degli artisti di Parigi a fianco a Chopin.
Petrucciani visse la propria vita sicuramente al meglio delle proprie possibilità, non rinunciando mai alla realizzazione dei suoi sogni, ma anzi superando anche quelli che possiamo considerare i limiti “imposti” dalla sua forma di disabilità.
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