Dalla manipolazione alla progettazione partecipativa.
La scala di partecipazione è sicuramente lo strumento più concreto che abbiamo per misurare non solo la consapevolezza dei cittadini rispetto al proprio coinvolgimento nello sviluppo della società di cui fanno parte, ma anche il livello di democraticità della società stessa.
Prima di salirla gradino dopo gradino è bene, però, definire ulteriormente l’oggetto di cui stiamo parlando.
La progettazione partecipata è un processo di pianificazione che coinvolge il terzo attore insieme agli altri soggetti interagenti basandosi su un approccio di tipo comunicativo.
Giorgio Ferraresi – Professore ordinario di urbanistica del Politecnico di Milano
La progettazione partecipata coinvolge quindi il “terzo attore”, quello che Alexander definiva come l’utilizzatore finale, nella pianificazione alla pari con gli altri soggetti che vi partecipano utilizzando la comunicazione come strumento chiave in tal senso. Quanto sia fondamentale la comunicazione nei processi partecipativi lo vedremo in un articolo dedicato in cui parlerò anche dell’altro pilastro della partecipazione che è la formazione, ora però saliamo la scala.
- Manipolazione
Come sostiene lo stesso Hart la scala “non deve essere vista in modo rigido ma adattata rispetto al contesto”; il livello più basso di essa, il primo gradino, rappresenta una condizione di criticità della società in cui l’informazione è nulla. C’è Manipolazione quando gli ideatori di un’azione “utilizzano” i suoi destinatari. Un esempio di questa situazione potrebbe essere quello di far protestare gli alunni contro le politiche scolastiche del ministero quando questo sta discutendo il contratto degli insegnanti ma, più genericamente, la manipolazione in una società la si percepisce quando i cittadini vengono posti davanti ad un’azione che li riguarda di cui, però, non conoscono né gli esiti né tantomeno i contenuti.
Già da questo primo punto è evidente quanto la comunicazione sia un elemento centrale quando si parla di partecipazione, poiché non può esserci nessuna partecipazione in un contesto in cui la comunicazione è assente se non manipolante. Questa è una condizione con cui si ha a che fare molto spesso all’interno di una società in crisi, basti pensare a tutte le volte in cui l’opinione pubblica viene scagliata contro qualcuno o portata a favore di qualcun altro attraverso la manipolazione delle informazioni. Uno degli esempi più eclatanti lo possiamo verificare durante le manifestazioni di protesta: quando ci fu il G8 di Genova nel 2001 la città venne blindata e militarizzata e i suoi abitanti furono convinti ad adottare misure di difesa estreme come se stesse arrivando un vero e proprio uragano. Quando i genovesi scoprirono con i propri occhi la verità assistendo dalle finestre al massacro dei manifestanti da parte delle forze di polizia, tolsero le barriere trasformando la difesa in una grandiosa manifestazione di umanità e senso civico; rimase tuttavia forte in loro l’amara sensazione della manipolazione subita da parte delle istituzioni politiche.
- Decorazione
Il secondo gradino della scala si trova a metà di quella fascia che Hart, riprendendo Sherry Arnstein, definisce di “non-partecipazione”. Si ha una situazione di decorazione quando gli adulti utilizzano i bambini o i ragazzi per rafforzare il proprio messaggio. L’esempio più conosciuto è quando vengono riprese immagini di bambini sofferenti o malnutriti senza che se ne spieghi la ragione ai diretti interessati e si utilizzano tali immagini all’interno dei messaggi di raccolta fondi di un’organizzazione benefica: nessuno mette in dubbio che chi utilizza questo sistema cerchi realmente di aiutare i bambini in questione, quello viene messo in discussione è la modalità con cui questo avviene. L’immagine del bambino sofferente non ha lo scopo di permettere al bambino stesso di comunicare la propria condizione ad altri, ma quello di suscitare quella pietà e compassione che innescano nella persona benestante un fastidioso senso di colpa generalmente superabile attraverso la donazione. Un altro esempio di uso decorativo dei bambini lo troviamo come fenomeno degli ultimi tempi sui social network, in particolar modo Facebook, dove le foto dei bambini diventano lo strumento di accrescimento della popolarità di genitori, amici e parenti: pubblicare la foto del figlio aiuta nella spasmodica ricerca del “like” come forma contemporanea di riconoscimento sociale e, quindi, conferma del proprio valore.
Chiaramente questo atteggiamento avviene in modo inconsapevole: probabilmente nessun genitore vorrebbe strumentalizzare i propri figli; ma di fatto questo è quello che avviene e un esempio, prima ancora che dalle bachece virtuali dei social network, lo abbiamo avuto in luoghi molto più importanti: le aule parlamentari. Diverse deputate, nel tentativo di sottolineare una tematica importante, ossia quella che fare la madre è un lavoro a tempo pieno e, a tutti gli effetti, indeterminato, adottavano una modalità che, tuttavia, ricorda in pieno il concetto descritto da Roger Hart.
Tra gli esempi più lampanti vi è sicuramente quello dell’allora eurodeputata Licia Ronzulli di cui circola ancora un vero e proprio book fotografico mentre, intenta a votare al Parlamento Europeo, aveva in braccio la figlia piccola che imitava il gesto della madre. Così anche la prima sindaca donna di Roma, Virginia Raggi, per rafforzare la sua immagine di mamma con responsabilità istituzionali, fece aprire la seduta del consiglio comunale con cui iniziava il suo mandato al figlio piccolo.
Questo modo di agire fonda le proprie basi sul presupposto sbagliato che i figli, in quanto tali, non potrebbero mai pensarla diversamente dai genitori. Così un bambino, troppo piccolo per capire, non è in grado di opporsi ed esprimere il proprio eventuale dissenso o, comunque, un proprio punto di vista.
- Tokenism
Durante le attività di uno dei miei progetti di comunicazione sociale mi ritrovai un giorno a dover ritrasmettere, in diretta sulla webradio che avevamo costruito con alcuni ragazzi dei centri aggregativi giovanili dei Castelli Romani, un convegno sul bullismo. Non entro nel merito del tema trattato perché mi ci vorrebbe un articolo intero per affrontarlo, ma la cosa che mi colpì molto fu questa enorme platea di bambini e ragazzi costretti ad ascoltare pesantissimi interventi di esperti del settore con tanto di slide tecniche illustrative.
Far finta di avvantaggiare quei gruppi sociali che sono spesso trattati ingiustamente al fine di dare l’impressione che ci sia equità: questo è il tokenism. Ovvero la partecipazione simbolica o di facciata che racchiude in se tutto il senso più profondo della “non-partecipazione”. Un esempio che, ahimè, troviamo in maniera quasi ridondante nella nostra società, è, appunto, quello dei bambini o dei ragazzi che vengono chiamati come “testimoni” in seminari o incontri pubblici al fine di rafforzare il tema dell’incontro che, tuttavia, non è finalizzato a dare alcuna risposta concreta.
Gli adulti scelgono con cura dei bambini che si presentano bene, li fanno sedere al tavolo dei relatori senza alcuna sostanziale preparazione sull’argomento e senza che ci sia stata alcuna preventiva consultazione dei loro pari che, si suppone, essi rappresentino.
Un altro esempio è quello dei cittadini che vengono chiamati ad intervenire in assemblee pubbliche nelle quali, però, gli interventi sono già strutturati.
- Informati e investiti di un ruolo
Superato il tokenism arriviamo finalmente al livello della scala in cui inizia la vera partecipazione. Ancora una volta è utile ricordare come la scala di partecipazione non sia solo uno strumento di misurazione per verificare lo status democratico in cui una società si trova, ma è un vero e proprio percorso in cui è necessario attraversare tutte le tappe per poter arrivare in cima. Ecco quindi che il primo livello con cui ci troviamo a fare pratica di partecipazione prevede ancora che a gestire il progetto sia un gruppo ristretto di persone e che il coinvolgimento dei partecipanti, quelli che Alexander chiamava gli utilizzatori finali, avvenga anzitutto fornendo loro tutte le informazioni necessarie per farsi un’idea chiara sul cosa viene proposto (la famosa trasparenza, altro concetto spesso abusato che è invece pilastro della Comunicazione Sociale); i cittadini vengono, in questo modo, messi in condizione di fare il primo fondamentale passo verso la progettazione partecipativa: decidere consapevolmente se partecipare oppure no.
L’altro aspetto di questo gradino che segna il confine tra partecipazione e non-partecipazione è il conferimento di un ruolo a tutti i partecipanti. In sintesi: ti presento un progetto che è rivolto alle persone come te, ti spiego gli obiettivi e come funzionerà precisando che sarò io a gestirlo e spiegandotene il motivo; infine ti indico quale sarà il tuo ruolo all’interno del progetto.
Alla nascita del progetto 11Radio questa fase è stata affrontata, con ottimi risultati, attraverso la “Campagna per la Comunicazione Sociale”. Per due settimane, anche se la radio non era ancora nata, abbiamo allestito diverse postazioni web-radiofoniche in alcuni quartieri Roma e, mettendo on-line un calendario pubblico, abbiamo aperto i microfoni delle postazioni a chiunque volesse parteciparvi: associazioni, artisti o singoli cittadini che avessero bisogno di far conoscere la propria realtà all’esterno potevano prenotare la propria ora di trasmissione e venire a farla aiutati nella conduzione da noi in qualità di esperti. In 14 giorni dai nostri microfoni passarono più di 40 cittadini e 70 organizzazioni locali e internazionali alla ricerca del proprio spazio di comunicazione; e non eravamo un mezzo di comunicazione di massa, non eravamo neppure una web-radio, tutto doveva ancora iniziare. Semplicemente avevamo proposto alle persone e alle associazioni di partecipare alla costruzione di un progetto che li riguardava poiché rispondeva ad un bisogno reale quale è quello della comunicazione sociale e avevamo conferito loro un ruolo preciso per partecipare, quello di speaker radiofonici.
- Consultati ed informati
Continuando a salire la nostra scala scopriamo uno dei vantaggi più grossi della progettazione partecipativa: se una decisione la prendo da solo avrò il 100% di possibilità di sbagliare; se la prendiamo in due ognuno di noi avrà il 50% di possibilità di sbagliare perché il restante 50% sarà verificato e controbilanciato dalle conoscenze e dalle competenze dell’altro che partecipa; se siamo in 100 le possibilità di sbagliare si riducono all’1% poiché la decisione sarà il frutto di 100 esperienze e valutazioni diverse. Certo, perché questo avvenga è necessario che la decisione sia stata realmente presa da tutti e 100 i partecipanti e questa è la parte più difficile della progettazione partecipativa, quella che va esercitata quotidianamente.
Per rimanere nel tema dei bambini affrontato da Roger Hart possiamo dire di trovarci al gradino consultati ed informati quando gli obiettivi dei progetti vengono costruiti anche consultando i bambini e i ragazzi.
Il progetto, quindi, é elaborato e gestito dagli adulti ma i bambini ne capiscono il processo; le loro opinioni vengono considerate molto seriamente (consultati) e, qualora non venissero messe in pratica, ne viene spiegata la motivazione (informati).
Una volta conclusa la Campagna per la Comunicazione Sociale il progetto partecipativo di costruzione di una web-radio sociale a Roma doveva obligatoriamente passare attraverso una consultazione cittadina; per questo abbiamo organizzato 5 incontri pubblici in 5 punti fondamentali della vita sociale del territorio: due centri anziani, un centro di aggregazione giovanile, la casa del volontariato e uno spazio di integrazione e inserimento sociale per persone con disabilità psicomotorie.
Durante questi incontri presentammo il progetto ai cittadini a cui era rivolto chiedendo loro di esprimerci pareri, dubbi, idee e proposte. Fu un mese di lavoro intenso che ci permise non solo di avviare la costruzione della rete di relazioni sulla quale avremmo poi costruito, appunto, il Network della Comunicazione Sociale, ma anche di visualizzare alcune criticità del progetto in anticipo e raccogliere ulteriori idee utili per la sua realizzazione. In poche parole la consultazione della cittadinanza è stato un passaggio fondamentale per dare una forma a quello che volevamo fare e quindi iniziarne la costruzione.
- Iniziativa degli adulti, decisioni condivise
A questo punto della nostra salita, sebbene la proposta progettuale venga sempre da un gruppo esterno a quello degli utilizzatori finali del progetto, siamo ufficialmente entrati in una dinamica partecipativa dei processi di costruzione: gli obiettivi generali vengono definiti da parte di chi propone il progetto (gli adulti nel contesto preso in esame da Roger Hart) ma le decisioni operative vengono prese insieme a tutti i destinatari.
Quello dal quinto al sesto gradino della scala di partecipazione è un passaggio chiave ed è bene sottolinearlo. Quando i cittadini hanno potere decisionale all’interno di un progetto diventano parte integrante del progetto stesso e, senza di loro, questo si blocca. Realizzare questa condizione, tuttavia, non è affatto facile, perché fintanto che ci saranno dei responsabili a definire gli obiettivi generali, ovvero dei “leaders” per usare termini più espliciti, i partecipanti continueranno a pensare il progetto come di proprietà di questi e le decisioni finali spetteranno sempre a loro. 11Radio ha caratterizzato il proprio sviluppo sulla costruzione di diverse postazioni web-radiofoniche sparse sul territorio del Comune di Roma. Ogni postazione eera una redazione autonoma i cui partecipanti decidevano e strutturavano il palinsesto; ma di questo parleremo in modo più approfondito in un articolo dedicato. Quello che è importante analizzare rispetto a quanto detto finora è come venivano costruite le postazioni di 11Radio. Uno dei principi fondamentali del Network della Comunicazione Sociale era che a costruire materialmente gli studi radiofonici fossero i partecipanti stessi. Questo non è un aspetto di poco conto: psicologicamente il destinatario di un progetto avrà sempre difficoltà a considerarlo suo se gli strumenti che andrà ad utilizzare fossero il risultato del lavoro di altri. Viceversa se il destinatario avrà partecipato materialmente alla costruzione delle opere necessarie al progetto sarebbe difficile per qualsiasi responsabile o “leaders” imporre una decisione facendo leva sulla paternità dell’opera. Lo sanno bene, ad esempio, i partecipanti alla redazione della Postazione 11Radio Magliana, persone con disabilità psicomotorie che, avendo costruito materialmente la postazione e avendola arredata secondo i propri gusti, quando ne parlano ancora oggi si riferiscono ad essa con il termine possessivo “la nostra radio” e, sebbene siano parte di un network, non ritenevano di dover chiedere a nessuno il permesso di fare o meno una trasmissione. Cosa diversa invece avveniva nelle persone che iniziavano a partecipare in una postazione già costruita: queste avevano bisogno di tempo prima di sentire la paternità del progetto.
- Progettato e diretto dai bambini
Ricordate la Tree swing picture? Se a progettare l’altalena fossero stati i bambini e gli adulti avessero esercitato un ruolo di sola facilitazione fornendo gli strumenti per realizzare l’obiettivo pensato, tutti i problemi ben fotografati dalla vignetta non ci sarebbero stati. Spesso durante gli incontri di formazione mi viene chiesto come possa un bambino ideare e realizzare un progetto; la risposta la si trova semplicemente osservando i bambini quando giocano tra di loro senza gli adulti: individuano obiettivi generali e specifici, stabiliscono regole e ruoli e, cosa più importante, si sforzano di prendere una decisione tutti insieme perché con l’esperienza hanno imparato che il numero dei partecipanti incide molto sulla durata e il divertimento del gioco stesso.
Siamo al livello più alto della scala di partecipazione, le differenze tra settimo e ottavo gradino ci sono ma sono minime, dettagli per garantire ad un progetto la durata nel tempo. Come abbiamo visto la strada per arrivare a questo punto è lunga e impegnativa, così come complicato e impegnativo è rimanerci e non ricadere ad ogni ostacolo nella tentazione di percorrere la via più sbrigativa: decido io ché facciamo prima o decido io altrimenti non succede niente.
Con 11Radio, attraverso il sistema delle postazioni autonome, abbiamo creato per tutta la durata del progetto una buona base che ci permetteva di non scivolare giù dal gradino. Ma questo non basta. Perché si riesca a rimanere stabilmente a questo livello è necessario che il gruppo principale di un progetto di lunga durata, quale è un mezzo di comunicazione, si aggiorni costantemente sugli strumenti di partecipazione adottati e individui le criticità degli stessi di volta in volta. E’ un esercizio che richiede tempo e convinzione, due elementi che, è bene chiarirlo subito, in una situazione sociopolitica di neoliberismo estremo e annientamento del welfare è molto difficile mantenere. Tuttavia è certo (e noi di 11Radio possiamo confermare con dati alla mano) che in una situazione di crisi democratica, sociale ed economica, i progetti partecipativi che sono riusciti ad arrivare al livello più alto della scala sono quelli che resistono meglio e più a lungo. Con scarsissime risorse e pur subendo tentativi di sabotaggio da parte delle istituzioni, il Network della Comunicazione Sociale in 5 anni è stata l’unica realtà sociale di Roma che, senza percepire finanziamenti pubblici (il progetto, che si sviluppava in 5 postazioni webradiofoniche i 5 quartieri diversi di Roma, ha ricevuto in tutti i 6 anni che è durato esclusivamente 30.000€ il primo anno), è cresciuta. Il lavoro volontario dei suoi partecipanti, ricambiato dall’uso della radio in tutti i suoi aspetti e a tutti i suoi livelli, ha permesso al progetto di ampliarsi diventando una associazione di promozione sociale.
2 replies on “Saliamo la scala della partecipazione”
Affrontavo il tema meraviglioso e intrigante della “scala della partecipazione” di Roger Hart e organizzavo corsi di formazione sull’argomento dal 2005 con un’associazione nel territorio toscano. Un’esperienza di 15 anni di cui tuttora conservo vividi ricordi. Nelle mie letture di settore la cerco, la introduco, la collego e sono molto contenta di leggere la vostra esperienza. Grazie!
Valentina, grazie a te per il commento. Ci fa molto piacere condividere le nostre idee sulla progettazione partecipativa con persone che, come te, hanno contribuito a diffonderne il valore. Un caro abbraccio a te!