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Un esperimento di progettazione democratica

Cosa succede quando un progetto non è partecipativo?

Il tema della partecipazione era stato affrontato, in tutt’altro contesto, anche da Cristopher Alexander, architetto e docente presso l’Università della California.

Nel suo saggio “Un esperimento di progettazione democratica” del 1977 Alexander dice:

E’ praticamente impossibile costruire una struttura che si adatti bene ai bisogni dei suoi utenti se non sono essi stessi a progettarla.

Christopher Alexander, “Un esperimento di progettazione democratica”, Officina, 1977

L’esperimento, più che per la riflessione che lancia rispetto alla partecipazione, è interessante per l’ambito in cui si sviluppa, cioè quello architettonico. Per spiegare la sua teoria Alexander si affida ad un fumetto che circola dagli anni 70 e che viene fatto risalire alla London University: la Tree swing picture, una metafora grafica- umoristica che viene usata per spiegare le insidie comunicative nella divisione del lavoro per lo sviluppo di un prodotto.

Tree swing picture

Il fumetto è già esplicito di suo, tuttavia la sua particolarità sta proprio nel fatto di poter essere interpretato secondo un nostro schema di pensiero. Allora proverò a dare una mia interpretazione per coglierne il quadro negativo che riesce a fotografare che è il punto di partenza da cui prende il via la nostra riflessione sulla partecipazione.

Il progetto usato come esempio è, ovviamente, la realizzazione di un’altalena. La prima proposta ad arrivare sul tavolo delle decisioni è quella del finanziatore il quale, avendoci messo i soldi, presenta un progetto che ha come obiettivo il massimo rendimento della struttura. Ovviamente il risultato sarebbe inutilizzabile. La seconda proposta, quella “ufficiale”, vogliamo immaginare che sia passata attraverso il vaglio dell’amministrazione politica, la quale mette come paletto fondamentale non più il rendimento ma, semmai, la sicurezza dei bambini che useranno l’altalena, quale disastro politico sarebbe se uno di loro si facesse male. Il risultato sarebbe ancora una volta assurdo. La pratica passa quindi agli uffici tecnici, questo significa che arrivati a questo punto sono già stati la maggior parte dei soldi messi a budget del progetto. L’ufficio tecnico dà un parere tecnico senza avere competenze specifiche sull’opera da realizzare e il suo parere è che, se di sicurezza si deve parlare, allora l’altalena dovrà essere legata alla parte più robusta dell’albero: il tronco. Essendo scaduti i tempi per la realizzazione dell’opera, a questo punto il progetto viene preso in mano da qualcuno che dovrà realizzarlo in tempi brevi cercando di rispettare le indicazioni assurde date finora da persone che, non essendoci più budget, non rispondono neanche più al telefono. Il risultato è qualcosa di assurdo e inutilizzabile che l’ultimo arrivato, insieme con l’amministrazione, dovrà difendere dalle proteste dei cittadini e su cui dovranno essere spesi altri soldi per un risultato finale inutilizzabile e pericoloso. L’immagine finale dice che se si fossero ascoltati per primi gli utenti dell’altalena, i bambini, si sarebbe realizzato qualcosa di totalmente sicuro, a costi bassissimi e, cosa più importante, che rispecchiava il desiderio e le esigenze degli utenti stessi.

Quando durante le mie lezioni finisco di spiegare la Tree swing picture, guardando l’espressione sul volto di chi mi ascolta capisco il perché di questo fumetto. E’ un sorriso amaro che mi ricorda quanto questa immagine brutta di progettazione sia percepita come modello standard da tutti. Per ognuno di noi il modo peggiore di realizzare un progetto non è semplicemente quello con cui potresti avere a che fare, ma concretamente l’unico con cui potrai rapportarti. Se non fossi un incorreggibile utopista direi che questa cosa è deprimente; ma provando a sintetizzarla in uno schema di confronto abbiamo modo di vedere il quadro completo con l’alternativa.

Le fasi della progettazione
Le fasi della progettazione

Oltre ad essere chiaramente più snella, meno burocratica, se confrontata con la progettazione tradizionale, la progettazione partecipativa mostra tutta la sua forza non nell’aggiungere elementi nuovi, ma nel sottrarre quelli che generano problemi. Annunciare la realizzazione di un progetto viene visto comunemente come un vantaggio, alle volte come il momento più importante di tutto il percorso di progettazione. Invece è un problema. E’ un problema economico che deve prevedere l’investimento di una parte del budget nella comunicazione istituzionale; è un problema organizzativo perché deve mettere d’accordo finanziatore, amministrazione e realizzatori del progetto; è un problema nella sua riuscita, perché se il momento dell’annunciazione capita in contemporanea con un altro evento importante il progetto non avrà adeguati riflettori puntati addosso e cadrà nel vuoto.

Alla nascita di 11Radio mi ritrovai a giocare su due fronti: da un lato il progetto partecipativo che viaggiava con i suoi tempi e la sua modalità, dall’altro la necessità di avere dei fondi per iniziare mi portò a dovermi confrontare con le istituzioni. Accadde quindi di dover fare i conti con l’elemento conferenza stampa con cui l’amministrazione da cui proveniva il finanziamento, pur non avendo la benché minima idea di cosa stessimo facendo e di come lo stessimo facendo, aveva la necessità di annunciare il progetto. Per tutti i partecipanti era una cosa normale, si era sempre fatto così, ma la sensazione che provavamo era contrastante con la normalità: che senso aveva annunciare qualcosa che non si sapeva ancora cosa fosse? Eh già perché la forma al nostro progetto l’avrebbero data i partecipanti che ne sarebbero stati poi gli utilizzatori finali. Allora come era possibile dire cosa si sarebbe fatto se ancora non lo sapevamo? Potevamo annunciare i problemi che ci stavamo ponendo, ma non le soluzioni. In conferenza stampa mi tenni vago parlando genericamente di “comunicazione sociale” mentre il consigliere che ci aveva aiutato ad ottenere il finanziamento pubblico proferiva parole sulla partecipazione in un progetto di cui non conosceva neppure i volti di chi vi facesse parte. L’annunciazione è tutto (ma tutto equivale a nulla) per la progettazione tradizionale, quindi è un problema che la progettazione partecipativa elimina semplicemente perché i diretti interessati dal progetto, i suoi utilizzatori finali, ne fanno già parte e lo conoscono già.

Un progetto partecipativo non ha bisogno di essere difeso dalle critiche dei suoi utilizzatori, perché lo hanno realizzato loro stessi e, quindi, ne conoscono perfettamente le potenzialità e i limiti. Viene così eliminato un altro problema dal punto di vista economico ma soprattutto strutturale, poiché il concetto di implementazione non è più legato alla correzione dei difetti di un prodotto finale non richiesto, ma assume più propriamente il significato di miglioramento di un’opera già funzionale e l’eventuale estensione ad altri utilizzatori attraverso la condivisione e l’allargamento della partecipazione: quello che prima funzionava per 50 persone viene condiviso e implementato perchè possa funzionare per 100.

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